Chiesa di San Colombano in Valtramigna, comune di Illasi
"Fin dal 1400", scrive un parroco del 1700, "trovasi eretta di là dai monti una cappella ovvero oratorio
sotto il titolo di San Colombano, di ragione e di dominio della comunità di Illasi, con un'immagine
miracolosa di Maria Santissima (...). Corre voce che avesse un cemiterio all'intorno in occasione di
contagi patiti, per tumulare cadaveri, ove esistesse un lungo e uncinato fero per attirare gli stessi alla
sepoltura".
La chiesa di San Colombano è sempre stata al centro dell'attenzione della pietà popolare, che in
molteplici occasioni ha fatto ricorso all'immagine miracolosa sopra citata: un affresco (probabilmente
realizzato in occasione dei lavori di ampliamento della chiesa organizzata dalla famiglia Pompei nel
1600) posto, dal 1823, sopra l'altare maggiore. Epidemie e carestie vissute dalla gente di Illasi hanno
avuto, nel corso dei secoli, come punto di riferimento e motivo di speranza, la Madonna di San
Colombano. Delle tante processioni votive, oggi sopravvive ancora dopo 150 anni, quella della seconda
domenica di maggio, che ricorda la grazia concessa dalla Vergine in occasione del "cholera morbus" del
1835.
Altri affreschi, posteriori al 1400, si possono osservare sui muri interni ed esterni della chiesa. Le due
figure di santi ai lati del presbiterio sono state scoperte recentemente e restaurate, per volontà di Don
Alessandro Bennati.
Il Comune di Illasi dimostrò di essere proprietario del piccolo tempio intorno alla metà del 1500;
anteriormente pare infatti fosse di proprietà della famiglia Pompei. Nel corso dei secoli, numerosi
religiosi si succedettero nella custodia della chiesa.
La chiesa è stata restaurata nel 1970, con il contributo dei parrocchiani di Illasi.
Tratto da "Illasi e le sue Chiese", pubblicazione realizzata dalla Biblioteca Comunale di Illasi, 1986
Santuario di San Felice - IX secolo
La chiesa di San Felice è ritenuta molto antica (IX-X secolo) ma definire tale antichità in termini
precisi è quasi impossibile.
Certamente l'edificio aveva un aspetto diverso dall'attuale, probabilmente romanico come ipotizzato
in seguito al ritrovamento di tre finestre a croce nel XIX secolo nel muro della facciata, finestre
tipiche del romanico.
L'attuale abside, con soffitto a crociera e monogramma di San Bernardino da Siena, è opera di un
rifacimento compiuto nel 1400; il soffitto della chiesa è invece a capriata semplice.
La tradizione vuole che San Felice (come Campiano) sia stata tappa di Papa Lucio III nel suo
viaggio verso l'abbazia benedettina di San Pietro in Badia Calavena; sembra che il pontefice abbia
concesso un privilegio speciale ovvero di poter lucrare tutte le indulgenze della Chiesa romana per
ogni venerdì dell'anno.
Soppresso il convento attiguo nel 1867, per la chiesa venne nominato un rettore; fu proprio il primo
rettore, don Domenico Brun, a risuscitare l'interesse per gli affreschi presenti all'interno dell'edificio
tra cui il bellissimo Crocifisso (recentemente restaurato) presente sulla parete sinistra, oggetto di
venerazione per i fedeli della zona (da notare che la denominazione della chiesa-rettoria di San
Felice è santuario del Crocifisso).
Il successore di don Brun, don Agostino Fracasso, nel 1898, fece disintonacare il resto delle pareti
facendo mettere così in luce una selva di affreschi di diversi autori e di diverse età (si va dal XIII al
XV secolo).
Il santuario (ufficialmente Rettoria della Diocesi di Verona) è aperto tutti i giorni e si trova sul
valico tra val Tramigna e val d'Illasi, a pochi metri dalla strada provinciale 37/a “dei ciliegi”;
proprio la sua posizione lo rende frequentato da persone di entrambe le vallate specialmente durante
i venerdì di Quaresima con la Via Crucis.
Chiesetta di San Pietro in Briano - XII - XIII secolo
San Pietro in Briano è una modesta chiesetta, ad una sola navata, con abside, che è ubicata sulla collina omonima, circondata da un oliveto, a poche centinaia di metri dalla contrada Brian.
Da documenti della fine del '600 risulta che era affidata alla cura di un eremita che viveva in una casetta
attigua (oggi non più esistente); con la legge d'incameramento dei beni ecclesiastici del 1866, ridotto l'eremita a vivere della sola questua, la chiesa fu lasciata alla mercé di tutto e tutti. Dopo la II guerra mondiale, l'edificio venne restaurato.
Presenta numerosi affreschi databili al XIV secolo (ci son ben tre strati all'interno) sia sulla parete esterna
(recentemente restaurati) che all'interno; sull'altare due statue di fattura moderna raffiguranti i Santi Pietro
e Paolo sostituiscono quelle, di stesso soggetto ma in pietre colorate, che furono rubate anni fa.
In alto era presente una tela (abbastanza rovinata ma recentemente restaurata) con soggetto San Pietro tra
i Santi Bartolomeo e Giorgio.
L'edificio è aperto ufficialmente una volta all'anno in occasione della festa liturgica dei Santi Pietro e Paolo; ci si arriva passando il centro di Cazzano e seguendo le indicazioni per la stessa chiesetta e per Montecchia di Crosara (strada ad un chilometro circa a nord dalla piazza del paese).
Nel dicembre del 2013 è stato presentato il libro "SAN PIETRO in Briano", gli autori dell'opera sono i cazzanesi Renato Molinarolo e Daniela Noli che hanno curato rispettivamente la parte sull'architettura e la storia della chiesetta, Marco Pasa per il territorio e Vittorio Zambaldo per la descrizione degli affreschi, le fotografie sono di Ana Stanciu. L'opera descrive in maniera completa la storia di questa meravigliosa chiesetta ancora ben conservata nella verdeggiante e tranquilla Valtramigna.
Il libro è in vendita nelle edicole del paese.
Chiesa di San Bernardo a Campiano
La chiesa attuale risale alla prima metà del XIX secolo, e rimpiazza un edificio più antico che, secondo la tradizione sarebbe stato consacrato dal papa Lucio III durante il suo viaggio verso l'abbazia benedettina di Badia Calavena: su un muro dell'edificio più antico, inglobato nella ricostruzione ottocentesca, è dipinta in rosso una croce di consacrazione che viene indicata come segno del passaggio del pontefice.
Inizialmente non fu officiata in modo regolare fino alla creazione della parrocchia nel 1924. È a navata unica con 4 altari laterali e presenta alcuni affreschi (1954) del pittore soavese Adolfo Mattielli. La parrocchia , dedicata a San Bernardo Abate (Bernardo di Chiaravalle), appartiene alla giurisdizione ecclesiastica della diocesi di Verona.
La chiesa situata su uno sperone del monte e con vista sulla val Tramigna: da qui nel novembre del 1796 il capellano don Biasio Ferro poté descrivere i vari momenti della battaglia di Arcole. La penultima o l'ultima domenica di agosto vi si svolge la festa di San Bernardo.
Chiesa Parrocchiale di San Giorgio Martire
Situata nel centro del paese, è dedicata a San Giorgio martire, patrono del paese.
L'edificio fu costruito nell'ultimo ventennio del XIX sec. su disegno dell'architetto don Gottardi in
stile romanico – gotico, ad una sola navata con quattro cappelle laterali; fu consacrato il
29settembre 1906 dal Vescovo di Verona card. Bacilieri (nel 2006 ricorre il centenario della
consacrazione).
La facciata è divisa in tre campi da finte lesene in funzione puramente decorativa dal basamento
alla corona.
Nel campo centrale stanno la porta e la bifora con una vetrata raffigurante l'Annunciazione.
Nella lunetta un dipinto di Bolla ha sostituito quello precedente che raffigurava pure la lotta di San
Giorgio con il drago.
Per parlare di altre opere presenti nella parrocchiale bisogna parlare dell'edificio precedente.
Sicuramente esisteva nel '300 e la dimostrazione sono tracce di affreschi presenti in un locale dell'attuale edificio.
Nel XV sec. l'edificio venne ampliato e di questa struttura non rimane altro che l'altare maggiore del '400, il fonte battesimale ottagonale, in marmo rosso (del XV sec.)e un piccolo tabernacolo in tufo (murato in battistero) con angeli adoranti ed i santi Giorgio e Bartolomeo Delle vecchie pale rimane solo quella del Ceffis raffigurante la Vergine, San Domenico e San Carlo Borromeo ora presente a destra del presbiterio, rivolta verso l'assemblea.
Da segnalare i quadri della via Crucis, opera del pittore Giuseppe Resi.
Il campanile è d'epoca recente, costruito in seguito al danno irreparabile subito dalla precedente torre nel 1961 a causa di un fulmine.
La fontana di Cazzano
Lungo una linea che si estende dal Piemonte al Friuli e che divide idealmente l’alta pianura dalla bassa pianura, si trova una fascia di larghezza variabile, tra i 2 e i 30 km, denominata “delle risorgive”.
Le acque piovane e quelle dei fiumi che scendono dalle zone alpine, vengono assorbite dai terreni grossolani presenti nella zona pedemontana, al punto che alcuni corsi d’acqua possono diventare delle asciutte distese di ghiaia.
Procedendo verso valle le acque sotterranee incontrano depositi più fini e meno permeabili, in questo modo le falde diventano superficiali fino ad emergere nelle numerose polle od “olle” risorgive.
Nel centro del paese, nell'unica piazza presente a Cazzano, abbiamo una risorgiva chiamata popolarmente Fontana e rinominata Lago della Mora (dalla ciliegia che ha zona di origine e di produzione proprio nel paese); le acque che alimentano la risorgiva si presume provengano dal Monte Bastia a est, dal gruppo del Carega a nord della valle, ma anche dalla vicina val d'Illasi a ovest in quanto quest'ultima è una trentina di metri più alta della val Tramigna e inoltre è soggetta al carsismo.
La risorgiva misura circa 120 m di lunghezza (dal frantoio Contri a via Fienil fontana) e mediamente 20 m di larghezza.
Sul lato ovest della fontana, sotto il castello, alimentato dalle stesse acque della sorgente si forma un altro piccolo bacino denominato "Peschiera". Qui si abbeveravano le mucche di ritorno dal pascolo, prima di venire condotte nelle vicine stalle di via Fienil fontana. Dalla "Peschiera" parte il cosidetto " Fosso delle Rive", di natura artificiale, fatto costruire tra il 1600 e 1700 dai conti Pompei di Illasi ed usato per l'irrigazione, per via sotterranea passa sotto l’alveo del torrente Tramignola, costeggia tutto il monte del castello d’Illasi (nel comune omonimo), passa ad una quota altimetrica più bassa rispetto a quella della contrada di San Colombano e si ributta nel Tramigna dopo aver oltrepassato la località Cereolo, fra il territorio illasiano e quello di Colognola.
La fontana è la sorgente del fiume Tramigna, affluente dell'Alpone e, dunque, anch'esso tributario di sinistra dell’Adige. Nell'anno 2008 è stata collocata all'interno dello specchio d'acqua una statua raffigurante San Giovanni Nepomuceno, santo Boemo morto annegato nella Moldava, a Praga, per non aver voluto violare il segreto confessionale (per tale motivo è patrono di tutti i confessori e delle persone in pericolo d’annegamento).
Nel 2011 durante i lavori per il recupero e la riqualificazione del parchetto adiacente alla fontana, sono state praticate delle aperture del vecchio muro di contenimento e si è costruita una passerella in acciaio a pelo dell’acqua creando così una passeggiata molto suggestiva sul laghetto.
L’acqua che nasce dalle polle all’interno della fontana (chiamati i "boi"), sgorga ad una temperatura stabile, in estate ed in inverno, di 10°- 12° centigradi, la sorgente può subire delle lievi variazioni nel volume di nascita dovute a delle prolungate siccità ma il fiume Tramigna non è mai in secca e la sua portata è di circa 5 metri cubi al secondo, a differenza dei torrenti delle vicine valli, Alpone e Progno d’Illasi praticamente asciutti per tutto il tempo dell’anno. È questo il motivo per cui agli inizi del 1900 si potevano contare lungo il suo corso ben 9 attività lavorative; 8 fra mulini e frantoi e un maglio. Nel bacino il livello dell’acqua è tenuto costante dall’innalzamento e dall’abbassamento di apposite chiuse poste a sud della fontana, l’altezza effettiva dell’acqua varia dai 70 centimetri nella parte verso nord dove sgorgano le polle della risorgiva a 160 centimetri a sud dell’invaso dove l’acqua esce dalle mura e inizia il corso del fiume Tramigna.
Prima del 1974 la fontana era popolata da una flora e fauna veramente particolare, si trovava in abbondanza lo Scazzone (Cottus gobio) un tipo di pesce in dialetto chiamato “Magnaron”, la Sanguinerola (Phoxinus phoxinus) da tutti conosciuta come Bersanella, la Sanguisuga (Hirudo medicinalis) detta Sanguetta, larve di Tricotteri racchiuse nei loro astucci costruiti con fini granelli di sabbia (conosciuti e chiamati “frigani”), colonie di Gammaridi (minuscoli gamberetti semitrasparenti) popolavano i muschi e le erbe che crescevano nella vasca (venivano chiamati “gambarussoli”), inoltre nella Peschiera e nei due fossati che partono dal lato ovest della fontana usati per l’irrigazione dei campi si potevano trovare i Gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes).
Si diceva prima del 1974 perchè in quell’anno un gruppo di pescatori del paese, inconsapevoli del disastro che si stava provocando nella popolazione della risorgiva, organizzò una gara di pesca alla trota proprio nel laghetto, dopo poco tempo le trote rimaste cancellarono tutta la fauna ittica della fontana, la stessa fine hanno fatto anche le distese di crescione esistenti sullo specchio d’acqua prima della liberazione delle oche e poi dei cigni nei primi anni 90.