Cazzanesi Illustri

Generale dell'Aereonautica Giorgio Bertolaso, Maria Steccanella, Siro Contri

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Descrizione

Generale dell'Aereonautica Giorgio Bertolaso

 


Il Generale di Squadra Aerea Giorgio Bertolaso, classe 1918, del Corso ‘Turbine’ dell’Accademia Aeronautica, scomparso il 29 Novembre 2009, riposa nel cimitero di Cologna Veneta in provincia di Verona. Dopo l’Accademia Aeronautica, fu assegnato alla Scuola Caccia di Castiglione del Lagio (Perugia) e, terminato il periodo di addestramento a Gorizia, fu subito impegnato alla guida di caccia da combattimento durante la Seconda Guerra Mondiale. Assegnato alla 91^ Squadriglia del X Gruppo Caccia del 4° Stormo di Grosseto ha operato in Sicilia ed in Africa Settentrionale Italiana. Nel 1943 partecipa alla difesa della Sicilia e della Calabria. Dopo l’armistizio opera con lo stesso Reparto sui Balcani durante la Guerra di Liberazione. Termina il conflitto con quattro abbattimenti riconosciuti. Spettò a lui portare il primo caccia F-104 Starfighter  in Italia, sulla base aerea di Grosseto. È stato insignito di una medaglia d’Argento al valor Militare e una di Bronzo. Da Comandante della 91^ Squadriglia, sempre durante la Seconda Guerra Mondiale, effettuò più di 150 voli di guerra (oltre 80 nella sola Guerra di Liberazione, dopo il 1943). Negli anni ’50 ha comandato il 154° Gruppo Volo del 6° Stormo di Ghedi (Brescia). È stato Comandante del Poligono Interforze di Salto di Quirra di Perdasdefogu, Comandante negli anni ’70 della II Regione Aerea di Roma e prima del raggiungimento del limite di età, Direttore Generale per il Personale Militare dell’Aeronautica (DGPMA). Fino all’ultimo, il Generale Bertolaso ha dimostrato un particolare affetto nei confronti dell’Aeronautica Militare, partecipando con grande entusiasmo e passione agli eventi più significativi della Forza Armata.
Articolo tratto dal sito dell'Aereonautica Militare Ministero della Difesa 18/06/2010

Diavolo d'un Berto! I cazzanesi nei primi anni Quaranta guardavano nel cielo sopra la Val Tramigna le prodezze aeree di Giorgio Bertolaso. Lui, il primogenito della famiglia del pastificio arrivata in via Molini a metà degli anni Trenta, lo conoscevano tutti: un pilota era l'eroe per un borgo così piccolo, e in aviazione perdipiù sarebbe entrato anche un altro fratello Bertolaso, il più giovane Luciano.
Il generale, com'è chiamato da tutti perché con questo grado si è congedato dall'aeronautica militare nel 1978, è ancora ricordato «quando passava in cielo ai comandi di un Macchi, scendeva sui tetti del paese e poi tornava in alto. Era il suo modo per salutare la mamma Antonietta, ma noi per anni ci siamo chiesti come facessero i comignoli a starsene su!»
Classe 1918, nato ad Orgiano, nel Vicentino, Giorgio Bertolaso lo considerano tutti cazzanese, anche se qui, complice una straordinaria carriera militare, lo hanno visto poco. Fu il primo pilota italiano a stringere la cloche del mitico F-104 Starfighter, il cacciatore di stelle, ribattezzato dai piloti lo spillone. Bertolaso, in quel memorabile 13 marzo 1963, era colonnello al comando della quarta Aerobrigata. «Un calcio nel sedere», così definì la formidabile accelerazione del jett al decollo da Torino Caselle, dove il caccia Made in Usa veniva assemblato alla Fiat Aviazione.
Bertolaso meritò una medaglia d'argento al valor militare sul campo, in Africa settentrionale, atterrando con solo mezza carlinga. Da comandante della novantunesima Squadriglia, sempre durante la seconda guerra mondiale, effettuò più di 150 voli di guerra (oltre 80 nella sola guerra di Liberazione, dopo l'armistizio del 1943), abbattendo da solo quattro aerei nemici e altri in azioni collegiali.
Nel 1953 e 1954 comandò i Diavoli rossi, cioè il 154° Gruppo volo del 6° Stormo a Ghedi. A Cazzano tornava almeno una volta l'anno, preferibilmente in giugno, per la festa delle ciliegie. È proprio in queste occasioni, al fianco del fratello Francesco, sindaco del paese, che è stato fotografato in piazza. Bell'uomo il generale, impettito nella sua divisa blu e con quei tratti trasferiti al figlio Guido, nato nel 1950 nella capitale. Guido Bertolaso è diventato direttore del dipartimento della Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è diventato famoso come sottosegretario con delega all'emergenza rifiuti di Napoli.
Papà Giorgio ha fatto il giro d'Italia, ricoprendo vari incarichi a Brindisi, Grosseto, Monte Cavo, Salto di Quirra. S'è fermato a Roma, prima per comandare le scuole dell'Aeronautica militare, poi per guidare la Seconda regione aerea, quindi direttore generale del personale militare dell'Aeronautica e, infine, per presiedere il Consiglio superiore delle forze armate-sezione Aeronautica. Nel frattempo, ha conquistato l'abilitazione a volare su 60 aerei diversi.
Il pensionamento, nel 1978, più che avergli regalato un po' di riposo, l'ha invece rimesso più che mai in pista. Lo aveva fatto capire a chiare lettere lui stesso, solo due anni prima, quando s'era tolto lo sfizio di sfidare, sulla bici da corsa, monsignor Giovanni Battista Mondin. Quest'ultimo, teologo in Vaticano, deteneva il primato mondiale dell'ora per ecclesiastici. E lui, il Berto (come lo chiamavano negli anni della divisa), si portò a casa, al velodromo olimpico di Roma, il primato mondiale dell'ora per militari con 37,5 chilometri. Merito, anche, del suo straordinario preparatore, tale Fausto Coppi.
Il generale, che per le vie di Anzio, dove abita, vedono girare ancora oggi in motorino, ha anche un'altra passione, cioè quella per le immersioni subacquee. È stato lui il preparatore di Enzo Maiorca, amico fraterno con cui, nel 1973, da Comandante della base militare Perdas de Fogu in Sardegna, realizzò il record di profondità degli 80 metri.
Con un piccolo Piper Pa 28, nome di battaglia Archer III, negli anni Ottanta, prima si è avventurato nei cieli del Mediterraneo, in Europa, in Nord Africa con la bella Maria Cucchi, sua compagna. Nel 1988 compie il giro completo della Scandinavia e nel luglio 1992 realizza, assieme al generale Umberto Bernardini, il sogno di una vita, cioè il giro del mondo attraverso Russia, Siberia e Canada.
La coppia Bebè (Bertolaso-Bernardini) infrange gli stereotipi del monomotore e conduce in una indimenticabile avventura i due generali in un'impresa lungo 35mila chilometri e 22 giorni.
Il segreto? Una semplice pompa di bicicletta, geniale soluzione al problema del serbatoio di dimensioni ridotte. A rifornire quello supplementare furono caricate nell'abitacolo cinque taniche da 25 litri, collegabili allo stesso con l'uso della pompa da bici.
Ma non è ancora tutto: ad 84 anni ha lasciato l'Italia a bocca aperta lanciandosi per la prima volta con il paracadute, lancio guidato con istruttore che ha consolidato il mito giusto un anno prima di ripercorrere, con sei aerei dell'Aeroclub Latina (di cui è stato presidente dal 2001 al 2005), l'itinerario della Crociera del Mediterraneo che nel 1929 approdò ad Odessa.
Articolo tratto dal giornale "L'Arena" del 03/03/2009

 

LA VALLE E IL MITO DI UN UOMO STRAORDINARIO

Da ragazzini, nessuno di noi lo conosceva, ma tutti sapevamo chi era.

Quando dal campetto del prete, coperto di ciuffi d'erba, dove rincorrevano un pallone spesso mezzo sgonfio, sentivamo passare gli aerei a bassa quota, il gioco d'incanto si fermava, e tutti di corso cercavamo di raggiungere il punto più alto dell'argine del torrente Tramignola, per meglio vedere la valle.

Era arrivato Giorgio, Giorgio Bertolaso, il fratello di Lao e di Francesco. Era venuto a salutare la mamma, che abitava nella casa in fondo al paese dove in giardino faceva bella mostra di sé il busto di Don Bosco. Il santo era stato posto lì per grazia ricevuta, in quanto i figli della Antonietta erano tutti quanti rientrati sani e salvi dalla guerra.

Poco dopo, dalla coppia di aerei, uno si staccava. Eravamo tutti in silenzio e col naso all'insù, per vedere l'aereo che si abbassava e come una freccia sfiorava il tetto della casa dei Bertolaso. Subito dopo il rombo dei motori riempiva il cielo della valle mentre l'aereo spariva all'orizzonte; ma poco dopo, eccolo di nuovo, riappariva la sagoma verde del caccia. A quel punto non vi erano per noi più dubbi. Era proprio Giorgio, il comandante, il pilota degli aerei da caccia di cui si parlava in paese come di una leggenda. Aveva combattuto in Nord Africa con vecchi Caproni ed Aermacchi abbattendo molti famosi Spitfire e Hurricane, inglesi ed americani, coprendosi di onore. Era anche per noi un onore sapere che uno di noi, uno di Cazzano, era diventato un asso della nostra aviazione.

Tutti in piedi, con le braccia alzate a sventolar le mani per salutarlo... e poi di nuovo svaniva all'orizzonte, fra le nuvole.

Quel giorno non si parlava d'altro e si raccontavano cose fantastiche. Era rientrato alla base dopo un combattimento col timone del suo aereo fuori uso per aver toccato un palo della luce, tanto volava a fior di terra. Aveva ricevuto due medaglie d'argento in combattimento !

Più avanti negli anni ho avuto modo di conoscerlo molto bene, spesso veniva a Cazzano con Maria, la sua compagna, a salutare gli amici d'infanzia, Franco, Fabio Bonioli ed Aldo Bennati ed i miei genitori, con i quali sovente rimaneva a cena. Sono stato anche suo ospite quand'era comandante della base di Guidonia, io ero un piccolo ufficiale degli alpini, ammesso alla tavola dei generali comandanti.

Era un uomo straordinario, e mi piaceva starlo ad ascoltare in religioso silenzio, con gli altri conviviali, per ore ed ore, allietati da un bicchiere di vino rosso. Raccontava, ricordo, della guerra delle Falklands, quando per poco la possente marina inglese non venne sconfitta da quattro piccoli Airmacchi armati di un missile. Arrivarono all'orizzonte, sganciarono, non visti, e affondarono due grosse navi da battaglia inglesi. Credo che in quel momento ripensasse ai momenti della sua giovinezza, quando aveva combattuto ad armi impari. Raccontava le cose e la sua vita con semplicità e toni pacati. Nessuno avrebbe mai sospettato il suo rango. Era sicuramente un grande personaggio e lo si capiva dalla competenza nella discussione, ma era, soprattutto, un uomo della nostra valle, semplice, cordiale, che non potevi non amare.

                                                                                              Alessandro Giordani

Lettera in  ricordo al Gen. Giorgio Bertolaso dell'Avvocato Alessandro Giordani, Sindaco di Cazzano di Tramigna dal 1990 al 2004

Maria Steccanella

 

Maria Steccanella è nata a Cazzano di Tramigna (VR) il 29/1/1898.
Frequentò le scuole elementari dalla maestra Albina Melegatti Rudi e continuò gli studi presso il collegio Seghetti, diventando maestra a 17 anni.
Amava molto lo studio e privatamente conseguì la maturità liceale con il professore Antonio  Avena. Si iscrisse all'Università di Padova alla Facoltà di Lettere, laureandosi il 20 dicembre 1926 con il titolo di Dottore in Lettere.
È stata una qualificata e non dimenticata insegnante per 50 anni: prima maestra elementare a Cazzano, Bolca e Cogollo, poi professoressa di Lettere a Gorizia, Mantova e infine a Verona, nelle scuole Montanari, Seghetti, Orsoline e Betteloni.
Oltre all'insegnamento ha dedicato la sua vita alla saggistica e alla poesia. Ha pubblicato tre raccolte di poesie:
«Nell'ombra», Moscheni, Trieste, 1936
«Dal mio mondo», Vita Veronese, 1951
«Ultimo approdo», Verona, 1972
In quest'ultima raccolta, particolari sono i « Canti dello Spazio», quattro liriche scritte nel periodo della prima esplorazione spaziale, dove Lei stessa alla fine della prima poesia « Dummondo ne muter» scrive:- ben venga e sia lodata ogni audacia scientifica e tecnica che amplia i confini del mondo; ma che io per essa non mi muti, non rinunci a quello che è costitutivo al mio più profondo sentir umano.
Ha pubblicato anche due saggi critici:
« 50 anni di poesia in Verona», Ed. Vita Veronese, 1956 - Verona
« Alessandro Manzoni nella vita e nell'arte», Nuova Italia-Firenze.
Non dimentichiamo i due studi su Cazzano e Soave usciti nel 1968 nella collana « Le guide» di Vita Veronese,
casa editrice con la quale ha collaborato per lunghi anni.
Una vita la sua dedicata all'Insegnamento, alla Letteratura e alla Poesia.
È morta a Cazzano di Tramigna il 24.09.1989.
I suoi sono stati 91 anni spesi bene, anche fra le molte avversità, sempre un pò schiva, aliena da comparse in pubblico, un esempio cristallino di trasparenza e dirittura morale.

Testo tratto dal libro « Cazzano di Tramigna un paese raccontato...»

 

Siro Contri 

 

CENNI BIOGRAFICI

Nasce a Cazzano di Tramigna il 27 maggio 1898. Come  alunno del collegio don Nicola Mazza, frequenta le scuole del Seminario Vescovile di Verona. Compie gli studi universitari a Pavia, in fisica e matematica; a Pavia, a Firenze e a Padova in filosofia. Si laurea a Padova nel 1921 con una tesi sulla dottrina morale di Pietro Pomponazzi.  Il 13 dicembre 1936 ad Asti si unisce in matrimonio con la dott. Irene  Baggio. Insegna presso  i licei classici  “S. Luigi” dei PP. Barnabiti a Bologna, di Ivrea e ”Parini” di Milano e presso l'Università Statale di Milano. Prende parte attivamente ai Congressi Tomistici Internazionali ed ai Congressi Rosminiani. Consegue premi, fra i quali: per un concorso “Quid est veritas? “ indetto dall' Angelicum; una particolare segnalazione all' Accademia dei Lincei per l'opera “Punti di trascendenza nell'immanentismo hegeliano”. Discepolo di G. Zamboni, lo difende contro l'archeoscolastica della Cattolica di Milano; in un secondo tempo entra con lui in polemica. Gli autori particolarmente studiati sono Hegel e Rosmini. Muore il 22 gennaio 1969 a Pegli (Genova).

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Pagina aggiornata il 13/06/2024